Dopo il fortunatissimo debutto modenese, il 6 marzo alle ore 21 arriva al Teatro Fabbri di Vignola la produzione ERT La classe operaia va in paradiso dall’omonimo film di Elio Petri con la regia di Claudio Longhi e con Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone, Simone Tangolo, Filippo Zattini
Una imperdibile occasione per vedere l’ottima prova d’attore del gruppo Ert su una rilettura operata da Paolo di Paolo e diretta da Claudio Longhi dell’omonimo film di Petri. Una ricostruzione colta e intelligente, di grande effetto scenico, che incrocia lungo la sua strada, inserita in un contesto storico perfettamente ricostruito, le idee di Petri e Pirro e i contributi di Edoardo Sanguineti, PierPaolo Pasolini, La ragazza Carla di Pagliarani, Volponi, Marisa Fabbri…
Alla sua uscita nelle sale cinematografiche nel 1971, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri riuscì nella difficile impresa di mettere d’accordo gli opposti. Industriali, sindacalisti, studenti e giovani intellettuali gauchistes, nonché alcuni dei critici cinematografici più impegnati dell’epoca, si ritrovarono raccolti in uno strano fronte comune. Qualcuno non mancò addirittura di invocare il rogo di tutte le copie della pellicola.
Nato per rappresentare non le ragioni di questa o quella parte, ma il mondo proprio della classe operaia – come ebbe a specificare più volte il regista – il film innescò un duro dibattito all’interno della sinistra italiana, mettendone radicalmente in discussione, nel periodo turbolento dei primi anni di piombo, l’identità ideologica e l’effettiva capacità di rappresentanza del proletariato. Tanto che la pellicola fu a lungo mal vista in patria, nonostante i numerosi premi vinti e, soprattutto, nonostante lo stato di grazia dei protagonisti, un piccolo gruppo di stelle da Gian Maria Volonté a Mariangela Melato, a Salvo Randone.
Costruito attorno alla sceneggiatura di Elio Petri e Ugo Pirro, ai materiali che testimoniano la genesi del film così come la sua ricezione (ieri e oggi), nonché attingendo a piccoli capolavori della letteratura italiana degli anni Sessanta e Settanta, ricomposti in una nuova tessitura drammaturgica dallo scrittore Paolo Di Paolo e incorniciati in un impianto musicale straniante, in bilico tra la canzone satirica “pop” e le geometrie raggelanti ed estreme del barocco, a quasi cinquant’anni dal suo debutto sui grandi schermi ERT sceglie di tornare allo sguardo scandaloso ed “eterodosso”, ferocemente grottesco, del film di Petri per provare a riflettere sulla recente storia del nostro Paese, con le sue ritornanti accensioni utopiche e i suoi successivi bruschi risvegli.
Nota di regia
Sulla coda del film, in una breve e significativa scena, l’operaio Lulù Massa girovaga per la sua casa catalogando a uno a uno gli oggetti lì presenti e recitando una personale, e straniante, litania domestica: a ogni cosa risponde un costo, a ogni costo delle ore lavoro. Mutatis mutandis, nella sua concisione quella scena, dalle tinte bluastre e dai toni buffi, parla molto alla (e della) nostra epoca dominata dal consumo ultraveloce – espresso e spersonalizzante grazie al potere della rete -, affetta da una sindrome bulimica permanente mentre, al contrario, è risucchiata in vuoto ideologico spinto. Bizzarro combinato di stili, con una sceneggiatura che qua e là strizza l’occhio alla commedia all’italiana ma si lascia altresì tentare, nel suo impasto cromatico dall’estremismo espressionista, il film di Petri, scandito dalla musica dura e pervasiva di Ennio Morricone, ha il merito di aver provato ad abbozzare una narrazione dell’Italia attraverso il lavoro, oltre i furori utopici di quegli anni febbrili che seguirono il Sessantotto.
Riattraversarne la vicenda con lo sguardo disilluso del nostro presente, a quasi dieci anni dall’ultima crisi economica mondiale, significa riflettere su quanto quell’affresco grottesco immaginato da Petri nel 1971 sia più o meno distante. Un tempo, il nostro, post-moderno e post-ideologico, che fatica a riconoscere in modo netto i tratti di una qualsivoglia “classe operaia”, dispersa e nascosta dietro gli innumerevoli volti del lavoro “flessibile”. Se dunque l’inferno umido e grasso della fabbrica cottimista dell’operaio Lulù Massa appare ben lontano dagli asettici e sterilizzati spazi industriali o dai lindi uffici dei precari odierni, lo stesso non è del ritmo ossessionante e costrittivo di una quotidianità, allora e ancora oggi, alienata.
Claudio Longhi
Dati artistici
liberamente tratto dal film di Elio Petri
sceneggiaturaElio Petri e Ugo Pirro
di Paolo Di Paolo
regiaClaudio Longhi
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luciVincenzo Bonaffini
videoRiccardo Frati
musiche e arrangiamentiFilippo Zattini
regista assistenteGiacomo Pedini
assistente alla regia volontarioDaniel Vincenzo Papa De Dios
conDonatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone, Simone Tangolo, Filippo Zattini
direttore tecnico Robert John Resteghini
direttore di scena Gioacchino Gramolini
macchinisti Marco Fieni, Riccardo Betti
capo elettricista Tommaso Checcucci
fonico e tecnico video Alberto Tranchida
sarta Eleonora Terzi
amministratrice di compagnia Yumi Suzuki
scene costruite nel laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
capo costruttore Gioacchino Gramolini
costruttori Marco Fieni (costruzioni in ferro), Sergio Puzzo, Riccardo Betti
scenografo decoratore Lucia Bramati
costumi confezionati da Bàste sartoria
grafica Marco Smacchia
foto di scena Giuseppe Distefano
si ringraziano per i materiali di studio e iconografici Fondazione Cineteca di Bologna, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione Gramsci Emilia-Romagna
si ringrazia Paola Pegoraro Petri
si ringrazia Aglaja Pappas per la presenza in audio
si ringrazia il Gruppo Editoriale Minerva RaroVideo
produzione EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE