Una grande sfoglia che lega Modena al mondo

La sfoglia, coi suoi semplici ingredienti, un uovo per un etto di farina, è davvero l’elemento gastronomico più rappresentativo della cucina modenese ed emiliano romagnola.

“Una grande sfoglia, immensa, tanto da coprire uomini, case, paesi e città, tiene sotto come in un solo capanno l’Emilia grassa e la più aspra Romagna. Una sfoglia setosa, elastica, lavorata a lungo da generose massaie e ricca di uova, di farina e di tanta pazienza. Viene ridotta questa sfoglia in quadratini, quadratoni, quadratelli, losanghe: ma sempre di pasta con quattro angoli sarà, capace di chiudersi come un fagottello, come un fazzoletto, come uno scodellino contenente sempre qualcosa. Perchè è questo il piatto comune, il gusto comune di una terra che tiene tanto a distinguere i due caratteri delle sue genti: la pasta col ripieno”.  Questa descrizione, scritta dalla gastronoma Anna Gosetti della Salda nella sua insuperabile raccolta di ricette regionali, è davvero perfetta. La sfoglia ritorna, da Piacenza al mare, dai tortelli piacentini, fatti su a spiga ai cappellacci ferraresi, grandi e accoglienti. E si spinge fin oltreoceano, là dove sono emigrati migliaia di nostri corregionali. La sfoglia rappresenta un po’ una sorta di cordone ombelicale che tiene gli emigrati emiliano romagnoli legati alla loro madre, la loro terra, la loro regione.

Al proposito mi piace raccontare questo aneddoto capitatomi nel dicembre del 1997 quando mi trovavo in viaggio nella zona di Temuco, nel sud del Cile. Per caso, guardando la cartina stradale mi capitò sotto gli occhi un puntino e un nome: Capitan Pastene. Da modenese pensai che questo era un segnale del destino (Capitan Pastene è un piccolo centro fondato ai primi del Novecento da emigranti modenesi e bolognesi e all’epoca, lavoravo ancora nella redazione modenese dell’Unità mi era capitato proprio di scriverne). Così, invece di dirigere l’auto verso Sud, verso Puerto Montt tornai sui miei passi, consumai le gomme su un centinaio di chilometri di strade dissestate tra boschi, cantieri stradali e poveri villaggi Mapuche. Infine arrivai a Capitan Pastene dove bastò la parola “modenese” per farmi accogliere nelle case dei discendenti di coloro che oltre un secolo prima avevano lasciato la nostra terra: Zocca, Pavullo, Rocca Malatina.

Fu lì che Marietta, l’indimenticabile Marietta, tirò fuori dal freezer di casa sua un sacchetto di tortellini (ne aveva parecchi altri) e ce li cucinò al momento. Mi disse con grande orgoglio che lei, figlia di una modenese che era arrivata alla tenera età di due anni a Capitan Pastene, ancora faceva la sfoglia in casa e preparava tortellini, tagliatelle, tortelloni. Mentre lei cucinava, raccontandoci la sua storia, sua mamma anziana e cieca, mi toccava la mano con commozione sussurando “Modena, Modena…” con gli occhi umidi di commozione. *

Dicevamo prima che per fare la sfoglia bastano pochi ingredienti, un uovo per un etto di farina. Considerate che un uovo di pasta basta per due persone se si tratta di pasta da fare in brodo e per una persona se la pasta è da fare asciutta. Ricordate che quando fate la sfoglia dovete stare lontani da spifferi o correnti d’aria che potrebbero seccare la pasta e renderla difficile da lavorare.

Mettete la farina sulla spianatoia, incorporatevi le uova con una forchetta poi impastate con le mani per circa 15 minuti. Quando la pasta sarà bella soda fatene una palla e incominciate a tirarla col mattarello fino ad ottenere una bella sfoglia sottile.

A questo punto non c’è che l’imbarazzo della scelta. Se volete preparare dei tortellini dovete ricavare dalla pasta dei quadrati di circa 3cm di lato, se il vostro obiettivo è realizzare dei tortelli alla piacentina saranno necessari dei rombi di 6,7 cm per lato, per i tortelli di ricotta e di zucca la sfoglia va tagliata a rettangoli di cm 8 per 6. Ma con la sfoglia potete anche preparare la pasta per le lasagne e allora vi serviranno dei rettangoli abbastanza ampi che, prima di utilizzare dovete lessare a metà cottura. Per delle buone tagliatelle taglierete delle belle strisce lunghe e larghe da mezzo centimetro a un centimetro. Se invece delle tagliatelle volete delle pappardelle tenete la larghezza più abbondante se invece volete dei tagliolini o taglierini da fare in brodo, una volta che la sfoglia si è un poco asciugata, arrotolatela su se stessa e con un coltello tagliate delle striscioline sottili. Se invece volete cucinare dei “galan” o “strichetti”, prima che la pasta asciughi dovete ridurla a strisce di circa 2 centimetri e poi tagliare le strisce a pezzetti che pinzerete al centro con le dita.

E se vi avanzano dei ritagli di sfoglia non butatteli via. Vi serviranno per fare dei buoni quadrettini da fare in brodo o dei maltagliati da cucinare coi fagioli.

 

 

 

 

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Nel Sud del Cile, nella piccola località chiamata Capitan Pastene si trova attualmente una piccola concentrazione di 2.000 italo-cileni, che costituiscono la quasi totalità della popolazione locale. Nel 1904 infatti, 88 famiglie dalla provincia di Modena (principalmente della zona di Pavullo) vi si trasferirono, in forma organizzata dal governo cileno, per popolare un’area recentemente pacificata dalle truppe cilene nella loro guerra contro le tribù araucane, principalmente i Mapuche. Il paese di “Colonia Nueva Italia” venne fondato nel 1904 a seguito di una concessione di terreni da parte del governo cileno a una società, la Nuova Italia, costituita da un giornalista, Salvatore Nicosia e dai fratelli Giorgio e Alberto Ricci di Pavullo. Originariamente la società prevedeva l’insediamento di cento famiglie, ma alla fine i nuclei furono solo 88. La vita non fu facile per i nostri emigranti. A differenza di quanto promesso da Ricci, ad aspettarli nel Sud del Cile non trovarono una terra rigogliosa, case calde ed accoglienti, animali e attrezzi per l’agricoltura. Trovarono una terra tutta sassi, vecchie capanne di legno, mucche e buoi vecchi e malati e aratri di legno inutilizzabili. A nulla valsero le proteste dei poveri emigranti modenesi. Qualcuno provò ad andarsene ma non era facile, così lontani da tutto. Alcuni di loro non superarono il primo duro inverno. Ma poi alla fine, la forza di volontà prevalse sullo sconforto e le terre furono bonificate. Nel giro di qualche anno la campagna e il paese presero forma. E nel 1907 la colonia prese il nome ufficiale di Capitan Pastene, a ricordo di Giovanni Battista Pastene, navigatore del Cinquecento a cui va il merito di aver esplorato gran parte delle coste cilene. Visto l’alto numero di famiglie modenesi e bolognesi che hanno fondato la comunità, il paese ha mantenuto diverse tradizioni e memorie dei comuni di origine: nella toponomastica, nei cognomi, nella gastronomia, costituendo un raro caso di colonia italiana perfettamente preservata in America Latina. Dopo i primi contatti a metà degli anni ’90 tra le autorità pavullesi (principalmente l’attivissimo assessore pavullese Antonio Parenti recentemente scomparso) nel 2000 si è arrivati al gemellaggio tra il comune di Pavullo e quello di Angol il capoluogo della provincia cilena omonima dove si trova Capitan Pastene, in attesa della creazione del comune di Capitan Pastene. In questa provincia abitano circa 16.000 discendenti di coloni modenesi e bolognesi che ancora parlano i nostri dialetti.