Il poeta modenese Enrico Trebbi è il vincitore del Premio letterario Caput Gauri di Codigoro, giunto quest’anno alla 34ª edizione, promosso e gestito dall’omonima associazione presieduta da Cesare Bornazzini. A premiare Trebbi, al termine dei lavori della Giuria popolare che ha scelto la sua raccolta (i finalisti erano tre) con 16 voti su 30, il regista Pupi Avati.
Il “Caput Gauri” è un Premio di Poesia a livello nazionale ed è riservata alla poesia edita: i vincitori delle ultime due edizioni sono state, nel 2016 la poetessa e attrice Mariangela Gualtieri con Le giovani parole – Giulio Einaudi Editore Torino e nel 2017 Antonella Sbuelz con “La misura del vicino e del lontano” Raffaelli Editore.
A queste due voci della poesia italiana si aggiunge oggi quella di Enrico Trebbi, modenese, classe 1953. Trebbi ha pubblicato alcune plaquettes di poesia insieme ad Alberto Bertoni, sue poesie compaiono in diverse antologie e riviste. Sempre insieme ad Alberto Bertoni e al saxofonista Ivan Valentini ha inoltre pubblicato 2 cd di poesie e musica: “La Casa Azzurra” e “Viaggi”.
Il suo libro “Un resoconto frammentario” è stato finalista nel 2004 al Concorso Nazionale di Poesia “San Pellegrino”. Svolge una costante attività di lettura in pubblico.
Trebbi è stato selezionato e poi si è aggiudicato il premio Caput Gauri per la sua raccolta L’incertezza del volo edita da Book Editore, che raccoglie poesie scritte dal 2004 al 2016 e che vede la prefazione di Alberto Bertoni
Enrico Trebbi, immaginiamo la sua soddisfazione: “Ovviamente mi ha fatto molto piacere ricevere questo premio, che è nazionale e che si svolge in una cornice di grande bellezza e suggestione come il complesso dell’Abbazia di Pomposa.Questi, però, non sono gli unici motivi. Si tratta di un premio rivolto anche ai giovani delle scuole medie superiori e dell’università, cui pure sono riservate alcune sezioni di partecipazione, segno di una forte e meritoria attenzione da parte degli organizzatori alle nuove generazioni e alle loro “spinte” creative.
Questa la poesia che dà il titolo alla raccolta.
L’incertezza del volo
Mi sento, in queste giornate ventose d’aprile,
come fossi in un aeroplanino di carta, lanciato
controcorrente dalla mano di un bimbo che
festante lo guarda ondeggiare, preso
dai vortici e cali di pressione e vuoti dell’aria
e vorrei gridare che sono io, quassù,
abbagliato di luce, senza comandi, a sperare
che le ali siano forti abbastanza e la brezza
sostenga il mio volo, ma ho pur sempre paura:
gli aeroplani di carta, si sa, sono mezzi
poco sicuri, ci vuole coraggio e passione
per salirci sopra e lasciarsi portare. Ci vuole
fortuna per non impigliarsi tra i rami
e volare il tempo che basta a spendere
la voglia di esplorare, la grazia degli sguardi
sorpresi. A volte vorrei nascondermi dentro
uno stormo e avere altri intorno che, non
soffrendo il mal d’aria, osservano fiduciosi e
sgomenti l’orizzonte che lontano lontano si annera
ed è una promessa d’imminente burrasca. Meglio
allora il verde del prato che, prima della pioggia,
accolga la fine del sogno, di questo terrore,
meglio le braccia che mi scaldano a sera, il
dubbio infinito che per un attimo tace.
26 aprile 2012