Sabato 10 novembre al Salotto Culturale di Simonetta Aggazzotti la casa editrice “Asterione” presenta “Alborán, 110 racconti in centodieci parole” di Glauco Ballantini

Sabato 10 novembre, alle 18, presso il Salotto Culturale di Simonetta Aggazzotti, in Viale Martiri della Libertà 38 a Modena, la casa editrice “Asterione” presenta “Alborán, 110 racconti in centodieci parole”, di Glauco Ballantini. Lo scrittore Roberto Barbolini, direttore editoriale di “Asterione”, ne discute con l’Autore.

Interverrà alla serata Dario Ballantini, pittore, scultore, musicista, comedian.

Si tratta della prova d’esordio di una nuova casa editrice, che a questo “numero 0” affianca i primi titoli in uscita: “Emiliana” di Giupeppe Pederiali, riedizione del romanzo del ’97 che lo scrittore ha ambientato nel ducato di Modena fra la fine del periodo napoleonico e i primi fermenti del Risorgimento, e “Di male in peggio” di Vittorio Orsenigo, artista, regista e scrittore di inclinazione surrealista, considerato dagli intellettuali un autore di culto e dalla critica un caso letterario.

Si parte da Glauco Ballantini, fratello dell’eclettico Dario, autore di testi per trasmissioni radiofoniche RAI (“Ottovolante”, “Vintage People”, “RidiRai”) e dalla sua prima raccolta di racconti, con prefazione di Enzo Iacchetti, per andare a caccia di ricordi che si dileguano ”in una nuvola di polvere e sassi”, raggomitolati su panchine perennemente in attesa di qualcuno. Forse sono solo sogni, 110 di centodieci parole ciascuno, che fanno appena in tempo a stare appesi alle labbra, eppure sono scritti per restare.

L’autore organizza il testo come un’architettura per visionari, quasi come uno spartito in prosa, per suonare, fra un testo e l’altro, note di Francesco Guccini e Fabrizio De André. Claudio Baglioni per le ragazze.

 

L’autore

Glauco Ballantini, toscano, classe ’62, è di natura elfica. Figlio e nipote di pittori e teatranti, fratello di un geniaccio dispersivo, è l’unico livornese conosciuto che chiami “casa” i monti tosco-emiliani. Da sempre trascorre vacanze e tempo libero sull’Appennino, transumando qui e là sul crinale. Da qui l’ambientazione di molte delle sue short stories. Quando parla di sé lo fa in terza persona: “Il battesimo gli venne impartito dopo la nascita nella chiesa dell’ospedale di Livorno, in una fredda giornata nel gennaio del 1963. La comunione invece nell’anno domini 1975 in quel di Renaio, in un caldo 25 agosto. La Cresima a Casciana Terme, grazie a Monsignor Magni, che gli trovò un posto di “cresimando ripetente”. “Guardi che i padrini devono stare nelle panche dietro”, gli disse un bambino. Qualche mese dopo il matrimonio, a Badia di Morrona”. “Alborán” è il suo primo libro, scritto solo perché ama scrivere.

 

Asterione

La casa editrice

Asterione è nata sui banchi di una scuola media modenese e prende il nome dal Minotauro del labirinto cretese. Secondo Borges, il Minotauro rimpiangeva di non avere mai saputo distinguere una lettera dall’altra. Secondo i fondatori, Barbara Gambigliani Zoccoli e Raffaele Cavani, ”ci ha messo quarant’anni a imparare a leggere. Ora che ha imparato, si concede il lusso di leggere solo i libri che ama e di pubblicare solo quelli”. Asterione pubblica autori della sua terra (collana Aemiliana) ed eccentrici foresti (collana Ouroburos), con la direzione editoriale dello scrittore Roberto Barbolini . Un catalogo che un titolo dopo l’altro, forse, riuscirà ad indicare la strada. Quale? Quella dei sentieri che portano alle quattordici uscite del labirinto.

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