L’accoglienza della sfoglia: una riflessione semiseria sui tortellini con ripieno di pollo

“Una grande sfoglia, immensa, tanto da coprire uomini, case, paesi e città, tiene sotto come in un solo capanno l’Emilia grassa e la più aspra Romagna. Una sfoglia setosa, elastica, lavorata a lungo da generose massaie e ricca di uova, di farina e di tanta pazienza. Viene ridotta questa sfoglia in quadratini, quadratoni, quadratelli, losanghe: ma sempre di pasta con quattro angoli sarà, capace di chiudersi come un fagottello, come un fazzoletto, come uno scodellino contenente sempre qualcosa. Perchè è questo il piatto comune, il gusto comune di una terra che tiene tanto a distinguere i due caratteri delle sue genti: la pasta col ripieno”.

Questa descrizione, scritta dalla gastronoma Anna Gosetti della Salda nella sua insuperabile raccolta di ricette regionali, è davvero perfetta. La sfoglia, coi suoi semplici ingredienti, un uovo per un etto di farina, è davvero l’elemento gastronomico più rappresentativo della cucina emiliano romagnola. La sfoglia ritorna, da Piacenza al mare, dai tortelli piacentini, fatti su a spiga ai cappellacci ferraresi, grandi e accoglienti, ai tortellini di Modena e Bologna, agli anolini parmensi. La sfoglia rappresenta un po’ una sorta di cordone ombelicale che unisce la nostra regione. Ora, se questa sfoglia invece di contenere carne di maiale, mortadella, prosciutto, contiene un impasto con carne di pollo, così come proposto dal Forum delle associazioni familiari dell’Emilia-Romagna che in preparazione della festa di San Petronio del 4 ottobre hanno avuto la brillante idea, di affiancare ai tortellini tradizionali anche il “tortellino dell’accoglienza” per festeggiare assieme a chi la carne di maiale non può mangiarla, non vedo proprio che problema ci sia.

E invece in questo paese dove si alzano gli scudi per le piccolezze e ci si volta dall’altra parte di fronte alle cose importanti c’è chi si è scandalizzato della proposta.

Il fine della pasta col ripieno, l’ha detto bene la Della Salda nel suo pezzo introduttivo nasce per contenere un ripieno. A seconda della dimensione del ripieno e di dove ci si trova, questa pasta può cambiare il proprio nome in tortellone, tortellaccio, tortellone con la coda, anolino, marubino. In Romagna, ad esempio si mette la carne di cappone, in sostanza un pollo, nell’impasto dei cappelletti in brodo, assieme a ricotta e formaggio raviggiolo. Nella Bassa Parmense gli anolini si fanno per tradizione senza carne, solo con un ripieno di Parmigiano Reggiano stravecchio e poi pan grattato, uova e noci moscate. Nessuno se la prende con i piacentini perché chiudono i loro tortelli di erbette con una treccia, invece di annodare la pasta come fanno nelle altre province emiliane.

E allora, che problema c’è ad accettare che si possa prevedere un ripieno a base di pollo nei tortellini della festa di San Petronio?!